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Caiazzo: Citta’ Dell’Olio
 L’oliva caiazzana è una varietà tipica del territorio omonimo: Caiazzo. Un territorio collinare che si arrampica dalla piana campana fino al massiccio del Matese. 
La sua coltivazione è molto antica: sono state rinvenute alcune grosse pietre lavorate di epoca pre medioevale caratterizzate da incavi usati proprio per la trasformazione delle olive. 
Alcuni documenti inerenti la legislazione del territorio caiatino, i cosiddetti Statuti di Alvignano e Chiazzo, redatti tra il 1449 e il 1497, regolamentano il settore olivicolo-oleario, attestando l’importanza che già in epoca medievale si attribuiva alla produzione di olive e di olio di qualità. 
Il frutto è caratterizzato da forma ellissoidale con apice arrotondato e base leggermente appiattita e il colore della polpa è nero violaceo dall’esterno fino al nocciolo.
Secondo la tradizione si mangia cotta (infornata),
conservata in salamoia o sott’olio, ma esistono anche
alcune varianti locali di conservazione, ad esempio
sotto la cenere. Il processo di lavorazione dell’oliva
infornata dura tra i 15 e i 20 giorni, prima della
cottura infatti viene lasciata in acqua con sale e
aromi come il finocchietto selvatico e l’aglio.
L’oliva Caiazzana presenta una maturazione precoce:
è pronta per la raccolta già agli inizi di ottobre; si
distingue per assurgente e per i rami fruttiferi pendoli, 
non alterna ma produce tutti gli anni.
Il frutto maturo presenta una polpa poco amara, con
un colore violaceo fino al nocciolo, che tinge le mani…. ‘’
se non tinge non è Caiazzana’’
Ha un colore che spazia dal giallo paglierino al verde intenso, dal profumo dolce  e bassa acidità, caratteristica questa che dipende dall’attenta selezione delle olive    nonché dal controllo costante delle temperature durante la fase di spremitura.
La natura dei terreni, profondi e freschi, dotati di buona fertilità, contribuisce a      determinare le particolari caratteristiche chimiche ed organolettiche dell’olio che si      ricava da questo prezioso frutto.
La zona di produzione è individuata unicamente nei comuni del versante di Monte Maggiore che si affacciano verso la valle del Volturno e nei comuni di Caiazzo e delle Colline Caiatine.
Da alcuni anni sono sempre più numerose le aziende locali che si dedicano alla produzione dell’olio extravergine delle ‘’Colline Caiatine’’, ma l’oliva caiazzana ha una duplice attitudine: è una ottima oliva da mensa oltre che da premitura. Così riferiva il professore Giuliano Palumbo, studioso locale, in una relazione: ‘’….Ci raccontava un vecchio contadino, il cui frutto era destinato alla tavola, previa cottura al forno, con l’aggiunta di aglio, arance, sale e finocchietto, appositamente triturati. Sul desco di Natale, per tradizione non poteva mancare questa speciale oliva, che veniva consumata negli intervalli tra una pietanza e l’altra…”
 
L’Olio nell’Antica Roma
 Olea prima omnium arborum est (fra tutti gli alberi il primo posto spetta all’ulivo) così scrive Columella nel I secolo d.C. nel suo trattato dedicato all’agricoltura (De Rustica, V, 8, 1). Agli occhi di un contemporaneo l’uso che dell’olio d’oliva si faceva in antico è sorprendente. Una grande quantità era impiegata come elemento essenziale nella cosmesi per balsami e unguenti indispensabili per i massaggi, curare ferite sanguinanti, ustioni, lacerazioni della pelle ecc.; esso inoltre era adoperato per il bucato nel processo di saponificazione, la morchia bruciata costituiva un ottimo concime. Si stima che nell’antichità ogni cittadino adulto consumasse almeno 55 litri di olio: tra questi 30 erano utilizzati per l’igiene del corpo, 20 in cucina, 3 per l’illuminazione o per lubrificare, 2 per usi rituali e 0,5 come medicamento. 
Da Plinio apprendiamo che l’olio d’oliva utilizzato in cucina doveva aveva un sapore piuttosto acre, diventava facilmente rancido e si condensava se non veniva salato; non potendo essere preservato per più di un anno si preferiva conservare le olive e spremerne l’olio al momento del bisogno.
Veniva importato soprattutto dalla Baetica (odierna Andalusia) e dall’Africa Settentrionale .
I Romani classificavano l’olio di oliva in cinque qualità: ‘’oleum ex albis ulivis’’, l’onfacium, ottenuto dalla spremitura delle olive verdi, per la fabbricazione dei profumi, ‘’oleum viride’’ ottenuto da olive mature, per i rituali religiosi, ‘’oleum maturumm’’ proveniente da olive più mature, per l’alimentazione, ‘’ oleum caducum’’ dalle olive cadute a terra e ‘’oleum cibarium’’da olive quasi passite, destinato all’alimentazione degli schiavi. 
 
 
                                                                                       
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